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Legni alternativi

[vc_row full_screen_section_height=”no”][vc_column][vc_column_text]L’immagine iconografica del vino di qualità è da sempre legata alla presenza di contenitori di legno, barrique e botti di varie forme e dimensioni. Il legno però non è un semplice materiale per costruire un contenitore tradizionale, bensì ricopre un ruolo tecnicamente importante nella definizione di quello che sarà il profilo aromatico e gustativo, nonché l’equilibrio del vino che ospiterà.

A partire dalla metà degli anni ‘90 del secolo scorso si è diffuso nei paesi del Nuovo Mondo l’utilizzo di legno in forme alternative. Si è passati quindi dall’utilizzo come contenitore all’utilizzo come mezzo tecnologico aggiunto al vino all’interno dei serbatoi di conservazione in cemento o acciaio.

In realtà non si tratta di una vera e propria evoluzione tecnologica, ma di un adattamento al settore enologico di una pratica usuale e largamente diffusa nel settore degli spirits in particolare dei Brandy (distillati di vino) e Rhum. Paradossalmente avere a disposizione tale esperienza ha creato un ritardo nello sviluppo di un know how specifico per il vino, con strascichi che si fanno ancora sentire al giorno d’oggi di cui parleremo più approfonditamente successivamente.

A livello normativo, l’utilizzo di “pezzi di legno di quercia nella lavorazione dei vini” è stato autorizzato dall’Unione Europea circa 10 anni fa con il Reg. CE 1507/2006 del 11 ottobre 2006.

Con un discusso Decreto Ministeriale il governo italiano ha immediatamente (2 novembre 2006) posto un limite molto rilevante all’utilizzo dei legni alternativi vietandone l’uso nella produzione di tutti i vini VQPRD (DOC e DOCG) con lo scopo dichiarato di tutelare la qualità e l’immagine di queste produzioni tipiche italiane.

Rimanendo sempre nell’ambito normativo, l’UE ha stabilito delle prescrizioni specifiche per i “pezzi di legno di quercia” (detti più comunemente frammenti legnosi o trucioli, oppure copeaux, oppure morceaux, o ancora chips, staves, ecc…).

 

 

In particolare:

  • L’origine botanica deve essere esclusivamente quercia. Sono ammessi quindi legni di tutte le specie del genere Quercus;
  • Sono lasciati allo stato naturale oppure riscaldati in modo definito leggero, medio o forte, ma non devono aver subito combustione neanche in superficie e non devono essere carbonacei né friabili al tatto;
  • Non devono aver subito trattamenti chimici, enzimatici o fisici diversi dal riscaldamento;
  • Non devono essere addizionati con prodotti destinati ad aumentare il loro potere aromatizzante naturale o i loro composti fenolici estraibili;
  • Le dimensioni delle particelle di legno debbono essere tali che almeno il 95 % in peso sia trattenuto da un setaccio con maglie di 2 mm:
  • Non devono liberare sostanze in concentrazioni tali da comportare eventuali rischi per la salute;
  • Il loro utilizzo deve essere annotato nei registri di cantina.

 

-Evoluzione della terminologia commerciale-

Tipicamente il riferimento è alla specie botanica / zona di provenienza, al grado di tostatura ed alla dimensione dei frammenti di legno.
Ad esempio chips fine rovere americano non tostato piuttosto che stave di rovere francese alta tostatura oppure cubetto di rovere americano medio tostato

Nella definizione delle dimensioni il linguaggio comune è piuttosto preciso:

  • Doghe o Staves à tavole di spessore dai 6 ai 20 mm e di dimensioni di 80-100 cm di lunghezza e 4-8 cm di larghezza
  • Demi-doghe, mini Staves, Sticks à tavolette di dimensione inferiori alle staves, eventualmente unite assieme da usare come inserti per botti di legno
  • Cubi, dadi, blocks à piccoli dadi di circa 1-2 cm di lato
  • Chips o copeaux à frammenti di legno di rovere da 0,5 a 2 cm circa
  • Chicco di riso, granulato, tabacco à frammenti più fini fino ai limiti della dimensione minima autorizzata

Per quanto riguarda la classificazione convenzionale delle tostature, mutuata dalla terminologia relativa alle barriques e largamente accettata, in realtà nasconde molte più imprecisioni ed approssimazioni di quanto non possa sembrare. In primo luogo non vi è una definizione omogenea del grado di tostatura: ciò che per un produttore può essere tostatura forte, per un altro può essere media.

Grazie al lavoro di ricerca e al know-how applicativo generato dai principali produttori e utilizzatori, si è arrivati già da alcuni anni alla definizione di tipologie commerciali non più basate sulle caratteristiche produttive, bensì incentrate sul profilo aromatico ottenuto (ad esempio Vaniglia, Mocha, Spice, ecc…) o più in generale sull’obiettivo enologico ricercato o risultato apportato (dolcezza, struttura, freschezza, ecc…).


-Variabilità della materia prima-

Lo studio approfondito della materia prima e la moderna tecnica analitica hanno permesso di evidenziare la variabilità della composizione del legno di rovere in termini struttura, sostanze estraibili, composti fenolici, componente aromatica.

Il margine di variabilità tra i differenti alberi all’interno di una medesima foresta, nonché tra le differenti parti dello stesso albero, è in effetti così elevato da annullare di fatto la “tipicità” della regione tradizionalmente adottata come principale parametro di definizione della qualità per le barrique.

Di norma questa variabilità sarebbe un fattore negativo, essendo causa di disomogeneità del prodotto e variabilità dell’effetto della sua applicazione in vino.

I sistemi tradizionalmente adottati dalle tonnellerie per uniformare e standardizzare il prodotto finale si basano sulla pratica della mescolanza delle diverse partite di materia prima. Risulta evidente che al diminuire delle dimensioni, dalle doghe, ai cubetti, ai chips aumenti la possibilità di omogeneizzazione che permette una standardizzazione molto più elevata.

Inoltre la possibilità di controllare la materia prima in ingresso con moderne tecniche analitiche e di campionamento, consente di sfruttare la variabilità naturale (ad esempio nel contenuto in tannini estraibili e sostanze aromatiche originarie del legno come i lattoni) per indirizzare diverse materie prime a diverse linee produttive, anziché subirla passivamente.


-La stagionatura-

La stagionatura ha grande importanza ai fini qualitativi in quanto induce modificazioni chimiche e strutturali. La pratica della stagionatura è tradizionalmente adottata dai produttori di botti perché consente da un lato di diminuire le future variazioni di volume del legname garantendo una migliore tenuta della botte, dall’altro perché permette l’eliminazione di alcune caratteristiche negative del legno di rovere fresco (eccesso di tannino, aromi sgradevoli).

La stagionatura del legname avviene in cumuli di doghe conservati all’aperto e sollevati dal terreno in modo che le piogge possano lisciviare i tannini e che il legno subisca delle periodiche contrazioni di volume date dalla bagnatura e successiva asciugatura nonché dalle escursioni termiche. Dura normalmente dai 18 ai 36 mesi in funzione dello spessore della doga e delle caratteristiche della materia prima.

 

 

 

 

– Effetto della stagionatura-

Dal punto di vista strutturale, le trasformazioni che avvengono facilitano la cessione di composti dal legno rendendolo di fatto più permeabile.

Le trasformazioni chimico-fisiche riducono la concentrazione in tannini e quindi la sensazione di astringenza rilevabile nei vini che saranno affinati in/con quel legno. Inoltre si attenua la presenza di composti dall’aroma vegetale sgradevole, primo tra tutti il trans-2-nonenale che conferisce al legno un sentore di legno fresco bagnato – cimice. Senza un corretto periodo di stagionatura non è in alcun modo possibile eliminare questi difetti dal legno di rovere.

Durante la stagionatura non vi è invece degradazione del più importante componente aromatico originario del legno di rovere, il whisky-lattone (β-metil—γ-octalactone) per cui al termine della stagionatura le tipiche note di cocco saranno più evidenti.

Infine si ha una riduzione dei caratteri acidi e di secchezza gustativa.


-La tostatura-

Nella produzione di barili secondo la tecnica francese della curvatura delle doghe a fuoco diretto, la superficie interna della botte subisce una tostatura a causa del contatto con la fiamma che conferisce tipiche caratteristiche aromatiche.

Nella produzione degli alternativi, non essendo necessaria la curvatura, è possibile utilizzare anche altri metodi di trasmissione del calore di tostatura:

  • Conduzione à il legno viene tostato tramite contatto con una superficie riscaldata
  • Convezione à il legno è tostato da aria riscaldata da una fiamma. Non vi è contatto diretto tra la fiamma e il legno
  • Irraggiamento à la radiazione con infrarossi consente di ottenere una tostatura superficiale, ma non è in grado di penetrare fortemente all’interno del frammento legnoso
  • Fuoco diretto à di fatto è utilizzabile solo nella produzione di doghe

 

 –Effetto della tostatura-

Durante la tostatura, sotto l’effetto del calore alcuni costituenti di base del legno quali la lignina e l’emicellulosa vengono degradati ed originano sostanze volatili ed altri costituenti organoletticamente attivi.

Dalla trasformazione della lignina derivano vanillina (sentori di vaniglia e pasticceria) ed eugenolo (speziato, chiodo di garofano) e molti altri composti costituenti il bouquet aromatico.

Dalla trasformazione dell’emicellulosa si originano monosaccaridi pentosi ed esosi che a seguito del proseguimento del trattamento termico si trasformano nelle cosiddette aldeidi furaniche (furfurale, 5-metilfurfurale e idrossimetilfurfurale) che apportano sentori di mandorla e nocciola tostate e caramello.

 

 

 

 

Fin qui non emerge nulla di nuovo relativamente a quanto già ben noto nella produzione della barrique. Tuttavia la grande flessibilità di uso dei chips ci pone di fronte a nuove possibilità applicative, molto più precise e mirate in termini di effetto ed obiettivo ricercato.

 

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