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Canada: amore e monopolio, prima parte
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Entro il 2020 il Canada sarà fra i cinque maggiori stati del mondo per consumo di vino a livello di valore. Il secondo mercato per velocità di crescita, con un tasso che nel 2018 si aggirerà sui dieci punti percentuali.
Un mercato, dunque, su cui l’Italia dovrebbe svolgere uno sforzo congiunto e lungimirante, senza troppo temere il seppur ostacolante monopolio di stato.
Con una popolazione che si aggira sui 33 milioni di persone e una produzione di vino estremamente limitata e concentrata sui bianchi, il Canada ha infatti sete di vini rossi e non è un caso se le tre regioni italiane maggiormente conosciute siano Toscana, Piemonte e Veneto.
Italia sul podio
Sono tre i maggiori player del mercato canadese: se per volumi l’Italia riveste il primo posto, per valore raggiunge il terzo, dopo US e Francia.
Da sole nel 2016 queste tre nazioni hanno totalizzato assieme oltre 1 miliardo dell’1.6 miliardi di importazioni canadesi.
“Gli USA – come racconta “I Numeri del Vino” – sono penetrati pesantemente nel mercato canadese negli anni scorsi anni con crescite vicine alla doppia cifra e fino a conquistare la leadership, ma nel 2016 hanno dovuto fare i conti con il rafforzamento della valuta, che ha tarpato le ali alle esportazioni 2016, calate del 4%.
Francia e Italia sono andate benino, con un incremento dell’1% in euro e del 4-5% in valuta locale. Siamo praticamente allo stesso livello degli americani”.
“Se i vini italiani sono estremamente diffusi in Canada, è in Ontario dove godono di maggiore popolarità e si sono costruiti la più grande fetta di mercato per un valore di 340 milioni di dollari nel 2016, il 70% in più rispetto alla Francia”
testimonia Michael Godel, fra le figure di riferimento della comunicazione del vino con 25 anni di esperienza nel settore della ristorazione e importanti collaborazioni con i consorzi d’oltre oceano in quanto a formazione degli addetti al settore del mercato canadese.
Una crescita costante (nel 2015 si aggirava sui 324.6 milioni di dollari per 23 milioni di litri) che non sembra voler rallentare.
Nel 2017 la situazione si presente infatti simile al 2016 con l’Italia che rafforza la sua posizione grazie alle bollicine – una preferenza questa che andrebbe ulteriormente spinta soprattutto in vista del presunto calo dei consumi inglesi a seguito della Brexit.
Competitor
Per quanto riguarda la fascia di prezzo medio-alta, l’Italia gareggia invece con la celebrità dei vini francesi, la popolarità di quelli californiani ma anche l’amore dei canadesi per i propri vini di qualità.
“I Canadesi supportano in maniera forte la propria industria” sottolinea Gurvinder Bhatia, responsabile della rubrica enologica su Quench e su Global TV, fra i maggiori media canadesi; “L’Italia deve guardarsi però anche da Cile, Argentina, Australia e Nuova Zelanda” ammonisce Godel.
In fondo alla scala del valore, la competizione si fa acerrima e corre sul filo del ribasso, in merito al quale l’Italia, per costi di produzione, parte svantaggiata.
“Qui sono due qui le tipologie di avversario” – puntualizza Christopher Wilton, da decenni attento osservatore della vendita al dettaglio oltre che comunicatore certificato. “A livello di importazione, l’Italia combatte contro regioni fortemente meccanizzate come la California o regioni come la Francia del Sud” – vale la pena ricordare che nel 2016 la Francia è stata la maggiore importatrice di vino sfuso dalla Francia , secondo FranceAgriMer, un’agenzia francese che si occupa di agricoltura.
Degli squilibri economici e le tensioni generatesi in Francia per l’importazione di vini dalla Spagna che vengono poi tagliati con vini francesi e rivenduti ad un prezzo più bassi si è recentemente occupato un articolo del New York Times (leggi l’articolo) .
Su suolo canadese, l’Italia combatte invece contro gli sfusi nazionali le cui partite arrivano dall’estero, vengono poi assemblate in Canada e godono di vantaggi a livello di politica protezionistica.
Tuttavia, come sottolinea Gurvindher Bhatia, “la battaglia al ribasso è una battaglia persa in partenza, in quanto il consumatore non rimane fedele a nessun brand ma solo al prezzo più basso”….
continua nel prossimo articolo:
“Canada: amore e monopolio – 2/2“
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