[vc_row full_screen_section_height=”no”][vc_column][vc_column_text]Pensavamo di essercele lasciate alle spalle le immagini dei fuochi accesi fra la notte del 26 e il 27 aprile del 2016 per contrastare il gelo in Borgogna.
Invece, quest’anno i fuochi sono tornati, anche in Italia, e non solo nel nord Italia ma anche al centro, in Toscana e sull’Appennino, dove in questi giorni e fino al weekend l’allerta meteo rimane alta per la viticoltura come per tutto l’apparato ortofrutticolo.
Al Nord i danni sono già stati fatti, ma la situazione potrebbe peggiorare.
Ad ora, appare compromessa la produzione di tutto l’arco nordico italiano da est a ovest.
Luca Ferraro, dell’azienda agricola di Bele Casel, parla di “perdite di circa 150 quintali sui 200 potenziali” nei suoi vigneti a Monfumo.
“Ci siamo giocati 30 mila euro”, Ferraro non è l’eccezione, visto che la gelata ha bruciato la stragrande maggioranza dei vigneti in zona, a chi più, a chi meno.
“Di certo è stata coinvolta tutta l’area del Prosecco, per la quale prevedo un aumento del prezzo medio per litro per la stagione 2017/2018” prosegue Barbara Cirotto, dell’omonima azienda situata nel distretto asolano.
“Ho visto che alcuni produttori della zona del Valdobbiadene si sono attrezzati con gli irrigatori per cercare di arginare i danni del ghiaccio”, come hanno fatto per altro alcuni viticoltori in Trentino.
I danni relativi a tutte le aree coinvolte sinora si aggirano sulle decine di milioni di euro.
Un computo cui non è difficile credere se, come accaduto nel padovano, nella zona dei Colli Euganei, è stato bruciato dal gelo almeno il 70% della produzione su quasi 6 mila ettari per un valore di 60 milioni di euro.
Percentuali alte si registrano anche sui Colli Berici, mentre nell’est veronese le zone più colpite risultano le basse valli centrali lessiniche quali la valle di Marcellise, Mezzane e Illasi.
In Valle d’Aosta le prime stime parlano del 50% e nemmeno in Friuli le viti sono state risparmiate. Le prospettive non cambiano nemmeno a ovest: “La situazione qui in Piemonte è molto complessa perché non si parla di una gelata ma di gelate per ora spalmate in tre notti consecutive ove le prime due sono state, ovviamente, quelle più gravi” testimonia Gianluca Morino, di Cascina Garitina, a Nizza Monferrato.
“La prima notte del 19 aprile – testimonia Morino – il fenomeno è stato complesso perché le gelate non si sono allargate solo alle zone basse ma in troppi casi hanno sfruttato correnti provenienti da nord est per risalire versanti di colline anche a quote piuttosto alte tipo 300 m slm. La seconda e la terza notte invece sono state le classiche gelate stazionarie alle quote medio basse e quindi hanno colpito quelle aree che avevano memoria storica e quelle aree dove si è impiantato vite in maniera un pochino avventata”.
“Sull’onda di un riscaldamento globale, tutto da verificare, la vite è scesa dai suoi areali classici – spiega Morrino – andando a rubare terreno ad altre colture, anche qui in Piemone, anche nelle zone più “famose. Nella mia zona, Nizza, quasi tutte le aziende hanno quindi avuto danni: chi solo qualche ettaro, chi un 20% ed altri un 40 o 50% soprattutto sul varietà come Pinot Nero o Chardonnay o Moscato che di solito amano areali più freschi, umidi e spesso orientati ad est o nord. Tuttavia la Barbera è stata colpita in alcune zone soprattutto la prima notte anche perché è una varietà molto sensibile al freddo e quest’anno aveva una vegetazione molto sviluppata e quindi tenera”.
Da più parti emerge la proposta di decretare lo stato di calamità che sicuramnete aiuterebbe le aziende più colpite: “La gelata di questa notte [21 aprile, ndr], unita a quella delle notti precedenti ha provocato gravi danni alle colture in Piemonte.
Data l’eccezionalità del fenomeno chiediamo l’intervento del governo” sono le parole congiunte di Sergio Chiamparino e Giorgio Ferrero, rispettivamente Presidente e Assessore all’agricoltura in Piemonte.
Nel frattempo la Cia-Agricoltori Italiani ha avviato un monitoraggio nelle aree più toccate dal gelo per fare una stima realistica dei danni.
La Francia non se la passa meglio e se nello Chablis sono tornati ad ardere i fuochi (che, detto en passant, sembrano aver attirato le testate estere enoiche che rimangono per lo più silenti in merito al fronte italiano), in altre zone della Francia sono ricorsi agli elicotteri, che sparano aria calda verso terra, allontanando così l’aria gelida che ristagna in basso, e il cui costo si aggira sui 200 euro per ettaro.
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