[vc_row full_screen_section_height=”no”][vc_column][vc_column_text]Ha fatto scalpore in questi giorni la notizia di un Amarone che Michele Antonio Fino, nell’articolo per Intravino, definisce eufemisticamente “double face”.
Si tratta di un Amarone che, sotto l’etichetta con la scritta “Amarone della Valpolicella 1997 Riserva” ne presenta un’altra, più piccola, che riporta invece la dicitura “Rosso Verona Indicazione Geografica Tipica 2013”.
Michele Antonio Fino continua nell’articolo ( versione integrale ): “…notiamo inoltre che l’Amarone appare senza fascetta, senza la dicitura Denominazione di Origine Controllata, né con l’ordine giusto dei segni, trattandosi di una 1997, e non importa, giova ricordarlo, che la bottiglia abbia una retro etichetta”.
Il caso è rimbalzato sui maggiori social in Cina ed è stato segnalato dalla pagina Facebook “You said Wine?” che da anni individua e rilancia casi sospetti laddove non vere e proprie frodi, con Italian sounding più o meno (in)credibili.
Il Prosecco è forse la denominazione italiana più imitata grazie al suo recente successo, che gli è valso un ampio seguito di ammiratori come di speculatori: ecco allora il Brosecco, il Prosec fino al ProGrigio della catena inglese di supermercati ASDA che ha deciso di offrire ai propri clienti un blend di Prosecco e Pinot Grigio.
Solo lo scorso settembre erano state bloccate dall’Ispettorato Repressione Frodi 30 milioni di lattine di falso Prosecco pronte per essere messe in vendita sulla piattaforma online di Ali Baba.
Nel 2016 sono stati 140 i tentativi di Prosecco sounding silenziati nel 2016 dal Sistema Prosecco – l’organo che riunisce i tre Consorzi per questioni di tutela e difesa contro terzi – e più di 500 violazioni online soppresse dalla Repressione Frodi nel giro di un biennio.
Tuttavia, non sono solo i vini italiani a essere contraffatti.
Stando agli esperti in materia, come Scott Evers di www.wineauthentication.com.au, “…oltre il 20% del vino in commercio è falso” , in linea del resto con quello che è il mercato dei beni di lusso.
Il problema della falsificazione non riguarda però solo l’aspetto monetario ma anche quello salutistico, in quanto di fatto il vino falsificato non subisce i controlli cui è invece soggetto il vino nella filiera di produzione controllata.
In alcuni casi la falsificazione è palese e viene individuata grazie ad una stampa di basso livello, carta diversa rispetto a quella usata solitamente per l’etichetta, informazioni mancanti, errori di spelling.
In altri le differenze con i modelli reali sono molto più sottili, come nel caso delle tre bottiglie di Penfolds illustrate qui sotto che il sito The Wine Wankers aveva sottoposto ai suoi lettori :
Proprio lo scorso novembre, la polizia cinese aveva scoperto 14 mila bottiglie di falso Penfolds, grazie alla segnalazione di Treasury Wine Estates – che ha Penfolds in portfolio e che aveva segnalato rivenditori dove le bottiglie di Penfolds venivano vendute a prezzi estremamente bassi – un altro segnale di quasi sicura falsificazione.
Tuttavia nel tempo ci sono stati falsificatori che hanno saputo imitare alla perfezione – o meglio quasi alla perfezione – gli originali riuscendo a venderli ad alto prezzo.
È il caso di Rudy Kurniawan, alla nascita Zhen Wang Huang, collezionista di vini che nel 2012 è stato arrestato e condannato nel 2013 a dieci anni di galera per frode.
Kurniawan commerciava infatti in vini che falsificava, comprando grandi partite di Borgogna che imbottigliava ed etichettava come vini di fascia superiore, come ad esempio Domaine de la Romanée-Conti.
Kurniawan era passato alla storia per il maggior incasso mai registrato per un singolo conferitore: 24.7 milioni di dollari ad un’asta dell’Acker, Merrall & Condit.
Ad incastrarlo una partita sospetta di Clos St. Denis di Domaine Ponsot, che risaliva a ben prima di qualsiasi annata registrata di Clos St. Denis.
A lavorare sul caso a fianco dell’FBI venne chiamata Maureen Downey, che è forse ad oggi la maggiore esperta nel campo e che ha fondato una propria compagnia di consulenza, la Chai Consulting.
E se negli scorsi anni ad essere falsificate erano per lo più vecchie annate di prestigiosi marchi francesi, oggi la tendenza si è spostata verso annate più recenti; diminuiscono inoltre le contraffazioni dei cru ma aumentano quelle delle aziende di alta gamma californiane, australiane, italiane e spagnole.
Ma quali sono le bottiglie più contraffatte?
Stando a Scott Evers, che sul solco di Maureen Downey ha fatto dello smascherare i vini falsi una carriera, i più imitati sono Domaine de la Romanée-Conti, Petrus, Lafite e Château d’Yquem, specialmente per quel che riguarda le annate storiche, intervistato da Drew di Wine Wankers, Evers rivela come nel caso si prenda in analisi una singola annata, è il 1945 di Mouton Rothschild a vincere la palma d’oro, mentre in Asia le contraffazioni riguardano per lo più Lafite, oltre al Penfolds Grange e al Bin 707.
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